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Rieducazione Funzionale: recuperare il giusto al momento giusto per evitare infortuni e recidive

Rieducazione Funzionale: recuperare il giusto al momento giusto per evitare infortuni e recidive

Cosa si intende per rieducazione funzionale?

La rieducazione funzionale motoria rappresenta quel processo attraverso il quale dopo un lungo periodo di immobilità si recupera la funzionalità di una o più strutture motorie come ad esempio, un muscolo, un'articolazione, un osso (riorganizzazione trabecolare, stimolo dell’attività degli osteociti, recupero della sensibilità propriocettiva, ecc.). Generalmente nella rieducazione funzionale si distingue una fase acuta iniziale caratterizzata da uno o più di questi disturbi: dolore acuto, assenza di trofismo muscolare, importante riduzione della mobilità articolare, necessità di utilizzare ausili ortopedici (stampelle, tutori ecc).

La seconda fase della rieducazione funzionale è la fase cronica dove il soggetto non lamenta più un dolore acuto, magari se non è passato del tutto il dolore è comunque poco invalidante e cronico, si è recuperato parzialmente il trofismo muscolare, l’articolazione interessata ha riguadagnato parzialmente la sua mobilità e non è più necessario utilizzare ausili ortopedici o almeno si riesce a farne un uso limitato durante la giornata.

In quali occasioni trova impiego la rieducazione funzionale?

La rieducazione funzionale trova applicazione in tutte le occasioni che richiedono il recupero di una funzione motoria persa o ridotta a causa di un evento traumatico o di un intervento chirurgico.

Alcuni esempi sono:

  1. Intervento chirurgico (artroprotesi, lesioni tendinee, meniscectomie ecc.)
  2. Prolungata immobilità a seguito di un trauma

Come impostare la rieducazione funzionale?

Non è possibile strutturare un piano rieducativo motorio uguale per tutti, da potere applicare in ogni situazione. Questo perché ogni soggetto è unico e i fattori che entrano in gioco nell’outcome (risultato della rieducazione) sono svariati.

Alcuni di questi fattori sono:

  • Origine e tipo del trauma;
  • Tempo trascorso in immobilità;
  • Invasività dell’intervento e quanti e quali tessuti ha interessato (se l’immobilità è dovuta ad un intervento chirurgico);
  • Tipologia d’intervento (per fare un esempio gli interventi in artroscopia sono meno invasivi rispetto quelli che richiedano recisioni più estese dei tessuti);
  • Presenza o meno di invalidità precedenti;
  • Età biologica del soggetto;
  • Stile di vita della persona;
  • Composizione corporea.

Nonostante ciò è possibile creare una sequenza cronologica di obiettivi da recuperare.

Rieducazione funzionale in fase cronica, cosa fare prima e cosa dopo

In caso di mobilità articolare limitata il paziente, che già avrà ottenuto i benefici della fase acuta della rieducazione funzionale, presenterà ipotrofismo muscolare.

Possiamo utilizzare questo deficit a nostro favore. Un muscolo ipotrofico risulta anche avere un tono (dato dalla frequenza di scarica dei motoneuroni alfa) inferiore. Un tono inferiore vuol dire che i muscoli saranno più facilmente estensibili e questo ci permette di sfruttare questo “deficit muscolare” per lavorare più agevolmente al recupero della completa escursione articolare dell’articolazione interessata da ridotta mobilità. Il recupero della corretta escursione articolare sarà il nostro primo obiettivo.

Una volta recuperata la quasi completa escursione articolare (diciamo il 90% in termini di gradi angolari rispetto alla condizione fisiologica) possiamo iniziare un lavoro graduale di rinforzo della muscolatura. Meglio sarebbe riuscire ad associare ad un allungamento della muscolatura retratta, un rinforzo (inizialmente isometrico e successivamente isotonico) della muscolatura antagonista.

Ad esempio se stiamo trattando un’articolazione femoro-tibiale con limitazione nell’estensione (anche passiva) e quindi con la muscolatura flessoria (ischiocrurali) retratta, potremmo lavorare contemporaneamente in allungamento per gli ischiocrurali (m.li. bicipe femorale, semitendinoso e semimembranoso) e in rinforzo sulla muscolatura estensoria del ginocchio (m. quadricipite).

È comunque buono dare sempre la precedenza al recupero del ROM (Range Of Movement) articolare per potere poi potenziare i muscoli lavorando su tutta l’escursione dell’articolazione.

Una volta recuperato il più possibile il range articolare e avere ipetrofizzato il muscolo o i muscoli precedentemente ipotrofici è possibile integrare il piano di recupero con degli esercizi propriocettivi progredendo dal semplice al complesso insieme ad un programma di correzione della postura, spesso alterata dalla differente ripartizione dei carichi, e con il recupero di una corretta deambulazione e ripartizione dei carichi sugli arti inferiori (anche in assenza di problemi particolarmente importanti - quando il problema riguarda gli arti inferiori - si tende a caricare maggiormente il peso sull’arto sano alterando la deambulazione e la sollecitazione delle sue strutture ossee, cartilaginee e muscolo-tendinee).

Considerazioni

Una buona rieducazione funzionale permetterà un migliore outcome motorio proteggendo il soggetto da recidive e problematiche secondarie legate ad un cattiva rieducazione motoria.

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Giuseppe CrisafulliA cura di Dr. Giuseppe Crisafulli
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