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Il corpo e la disabilità

Il corpo e la disabilità

L’elaborazione concettuale relativa al corpo, anche nella riflessione pedagogico-speciale, si è andata di recente sempre più affermando.

La mitologia, la letteratura classica, l’iconografia medievale, la riflessione filosofica del Sei e del Settecento mostrano un’immagine negata, svalutata, occultata del corpo del disabile, perché corpo malato, debole, deforme e perciò stigmatizzato e posto ex limine rispetto allo spazio ideologico-culturale della città.

Nell’età Moderna comincia a profilarsi un approccio alla disabilità che poggia su conoscenze anatomo-fisiologiche, che mette in primo piano l’utilizzo dei sensi. È il Novecento che ha fornito un grande tributo alla rivalutazione del corpo, con gli studi sulla psicomotricità, con il contributo nelle neuroscienze, con lo studio delle connessioni cervello mente-corpo e soprattutto con il sorgere di un approccio scientifico allo studio delle diverse tipologie di disabilità.

A partire dal corpo prende il via il processo di costruzione identitario, in quanto l’immagine di sé intrapsichica e interiormente socializzata delle persone con disabilità oggi si nutre di una percezione del sé che passa attraverso un corporeo non più reso oggetto di stigmatizzazione negativa.

L’ambito pedagogico-speciale, che tradizionalmente ha indagato soprattutto la scuola e l’infanzia disabile, si sta infatti sempre più allargando oggi – coerentemente con quanto esprime la recente “Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità” – alle problematiche che emergono in relazione all’integrazione lavorativa, al diritto allo svago e al tempo libero, in sostanza alla ricerca di una identità adulta per la persona disabile.

È pertanto in questo allargamento dell’orizzonte di prospettiva degli studi della Pedagogia speciale che possiamo incorporare ed indagare la valenza formativa della dimensione corporea, la valenza educativa e sociale dello sport per i disabili e la ragione d’essere del Movimento Paralimpico quale fenomeno sociale ed educativo. Le Paralimpiadi altro non sono che una parte della storia dell’inclusione sociale dei disabili, quella che riguarda la loro “pagina sportiva”, una storia segnata dal contributo di personalità straordinarie che in maniera pionieristica, ma con una traccia indelebile, hanno aperto nuove dimensioni alla disabilità a partire proprio dalla corporeità.

Alcuni autori parlano di “sporterapia” come la forma più naturale di rieducazione, perché in grado di migliorare le performances di concentrazione, coordinazione motoria, debolezza muscolare e spasticità, ma soprattutto come dimensione ludica e agonistica che anima la volontà della persona disabile, andando oltre i tradizionali metodi di fisioterapia ed esercitando quelle risorse morali e volitive che la disabilità spesso ha umiliato.

La corporeità del disabile nello sport presenta immagini positive, di piena integrazione, di dinamismo e di partecipazione sociale. Queste immagini positive, dove la dimensione corporea è alla ribalta, possono aiutare a produrre un nuovo immaginario sulla disabilità, cioè a far maturare la comprensione che essa, la disabilità, trascende la singolarità individuale, perché la diversità, ancorché nel corpo, caratterizza intrinsecamente e trasversalmente l’essere umano.

Cannavò scrive: «Non osavo neanche immaginare […] che le Paralimpiadi sarebbero decollate al punto da rappresentare oggi la punta avanzata di una crescita di cultura del mondo».


A cura del Dr.ssa Jessica Furore

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